Mi sono sempre occupata di scrittura e ho anche sempre avuto una bella calli-grafia (anche quando il professore di inglese del ginnasio -nel paleolitico- arrivava a dare un punto in meno a chi non disgiungesse in modo per lui soddisfacente le due “oo” di “look” o “book”…).
E ho adattato negli anni, e a seconda delle esigenze di rapidità, il mio modo di scrivere. Sì, insomma, senza fanatismi ma con il pragmatismo di chi vuole capire (i propri appunti per esempio… ), farsi capire, e magari anche mostrare interesse verso il destinatario di uno scritto attraverso la sua cura.
Pensavo fosse una competenza acquisita una volta per tutte, invece no.
Aver iniziato un corso di lingua russa mi ha rispedito alla 1^ elementare, o almeno al primo anno di ginnasio quando si incontra per la prima volta l’alfabeto greco.
E mi ha fatto riflettere -dopo il lontano tempo degli studi- sul mondo personale, interpersonale, interiore, pratico e anche di relazioni che la scrittura esprime.
Sì, perché non è affatto vero che il corsivo o lo stampatello siano dati una volta per tutte, essendo una evidenza che ognuno di noi ha il proprio stile!
Quanti articoli e discussioni avremo ascoltato e intra-ascoltato sui legami tra scrittura personalità, umore, etc. etc…
La psicologia non è tra le mie conoscenze specifiche, ma posso affermare di aver notato come realmente lo stato d’animo e soprattutto, contenuto e destinatario di un mio scritto (dalla lista della spesa per un’altra persona, al biglietto di auguri), influenzino la scelta tra corsivo e stampatello (e stampatello minuscolo o maiuscolo!).
Ciò che, pensandoci -anche grazie agli spunti offerti da un piccolo evento gioiello organizzato da un’amica imprenditrice proprio sul tema della scrittura-, è davvero evidente è il fatto che il corsivo richieda maggiore tempo nella composizione e sia soggetto a maggiore interpretabilità se troppo frettoloso (le famigerate e indecifrabili ‘zampe di gallina’ che la maestra elementare ha segnalato sui quaderni di ciascuno di noi…).
La fatica dell’apprendimento di un nuovo alfabeto -quello russo appunto- mi mette, così, nuovamente di fronte ad un mondo che però non guardo più con gli occhi di chi si affaccia sulla carta a righe con sorpresa, entuasiasmo e pazienza, ma con la fretta di chi vuole apprendere rapidamente ma ha anche perso parecchia manualità corsiva pigiando da parecchi lustri su una tastiera.
E si ritrova invece a cogliere l’opportunità di rallentare -almeno durante le ore di lezione e studio!- … e pensare. Sì, perché comporre parole in corsivo richiede maggiore attenzione anche nel concatenamento delle singole lettere: è necessario sapere dove si vuole andare a parare nella costruzione di una parola, molto più che quando si digita su una tastiera.
Eccomi quindi un po’ rassegnata alla necessità di imparare l’alfabeto russo (e anche bene perché qualunque esame va svolto scrivendo a mano in corsivo!), ma tutto sommato contenta di affrontare una nuova sfida ed essere obbligata a rallentare il passo.